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Un amico (o amica) nel post precedente ha commentato inserendo il collegamento ad una pagina internet di cui riporto qui di seguito il contenuto:
"Si tende spesso a confondere la vestigione del dandy con quella dello snob, che cerca nell'abito la sua definitiva differenza dalla sua classe. Non esiste una "moda dandistica", come invece dichiarano certi giornali di moda oggigiorno. L'eleganza del dandy non è che un mezzo di espressione: egli ricerca la bellezza, a tutti i costi - e cerca di esprimere la sua inimicizia con la moda e la società. Una giacca non è pratica? ma certamente è più bella di un giubbotto di jeans. La cravatta è inutile/scomoda/fastidiosa? meglio una cravatta di un colletto aperto su un petto ricoperto di peli, o glabro e bianchiccio. L'abito del dandy è l'ornamento al suo Se; l'abito vuole mostrare chi lo porta e la bellezza dell'abito in sè; mentre, snobisticamente parlando, l'abito mostra di essere firmanto, alla moda. Poco importa se i colori sono orrendi (sono alla moda!), se il materiale è vile, ma il prezzo altissimo (è alla moda!), se quelle scarpe fanno apparire il piede di venti centimetri più lungo, o se la camicia ha un colletto che tra pochi mesi verrà giudicato da tutti ridicolo, - è alla moda! L'eleganza del dandy è, si è capito, sottilmente démodé. Il disprezzo di Barbey d'Aurevilly per "il gusto e le idee contemporanee" si traduceva in un guardaroba devoto ai dettami della moda del 1830. Anche Wilde, dopo le eccentricità del periodo estetico, si era tramutato in un dandy fastosamente démodé; riproducendo uno stile passato, Wilde voleva opporre al peso crescente del futuro, il fascino malinconico del passato, la filologia compita della frivolezza, il lusso di non farsi trascinare dalla moda, la moda che uguaglia, uniforma, livella. Beardsley vestiva completamente in diverse tonalità di grigio. Il pittore Whistler interamente di bianco e nero, ma con una lieve nota di colore nel fazzoletto da taschino. Anche Baudelaire aveva adottato questo tipo di divisa, tanto da venir chiamato dai critici e dai conoscenti 'monsignor Brummel'; il suo tocco di colore era dato dai guanti: primula, rosa, gialli. E da una sciarpa oltraggiosamente rossa, che metteva solo ai funerali. I suoi papillon erano fatti su misura, seguento un suo preciso disegno, tanto per sbeffeggiare inconsapevolmente, e in anticipo, la manìa dell'abito in serie. Un dandy ottocentesco oggi, vedendo una giacca moderna, oltre a notarne la scandalosa bruttezza, noterebbe migliaia di difetti che oggi non saremmo neanche più capaci di individuare. Il dandy non subisce mai la moda, anzi, a volte si diletta ad esserne il fiero assassino."
L'amico/a di cui sopra chiedeva: siete dandy o snob?
Le etichette non sono il mio forte e non credo aderiscano facilmente sulla mia superficie un po' troppo rugosa.
Ad ogni modo, se proprio dovessi scegliere, di certo propenderei per il dandy, in quanto amante del bello, avendo sviluppato un gusto proprio ben delineato.
Lo snob, la cui "posizione" è per definizione di falso nobile e quindi qualcuno che ambirebbe ad una carica sociale che per una questione sanguigna non gli è concessa, ostenta il suo denaro con un abbigliamento sempre all'ultima moda, anche nel caso in cui la moda del momento denoti un pessimo gusto.
Beh, a questo punto è facile pensare che io preferisca essere un fiero assassino della moda che impone magari scarpe di Paciotti e jeans (e qualsiasi altra cosa a dire la verità) di Richmond.
Mio Dior, che orrore!
E voi? Dandy o snob?
O più semplicemente furbi?